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Decolla il progetto M.A.C.: tra realtà e virtualità

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Sono buoni e confortanti i riscontri scientifici e psicologici del progetto denominato “M.A.C (Mi abilito a casa)” che interconnette realtà e virtualità, ed è finalizzato alla riabilitazione a distanza di persone con disabilità intellettiva. Il progetto è condotto dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico “Associazione Oasi Maria SS. Onlus” di Troina e sostenuto dalla “Fondazione Vodafone Italia”.

L’iniziativa sta coinvolgendo, dal mese di febbraio di quest’anno e per la durata di dieci mesi, ragazzi e adulti con Disabilità Intellettiva di grado lieve o moderato. Un’iniziativa pensata per andare incontro alle esigenze manifestate dai ragazzi con disabilità per sperimentare in maniera attiva e partecipativa il loro contributo alla vita familiare e sociale dell’ambiente di appartenenza. L’iniziativa, sotto il profilo informatico, si compone di due fasi: una consiste nell’elaborazione del software e dei programmi, la seconda nello studio pilota con i ragazzi. “Il sistema – come ci spiega l’ingegnere Francesco Rundo – permette di simulare ambienti e attività reali di vita quotidiana. Ogni applicazione sviluppata rappresenta un task (compito) abilitativo. Il ragazzo, in pratica, svolge i propri task sia in Istituto, mediante l’utilizzo di TV touch screen e in presenza di operatori per un periodo di tutoraggio, sia a distanza con l’ausilio di un tablet pc. Le attrezzature e i dispositivi multimediali sono stati acquistati grazie al cofinanziamento della “Fondazione Vodafone Italia”. Il compito consiste, ad esempio, nel fare la spesa al supermercato, oppure fare la valigia per un fine settimana fuori, o altre incombenze prestabilite, il tutto attraverso specifiche applicazioni 3D in realtà virtuale non immersiva. Il programma viene valutato sulla base dei risultati raggiunti, soprattutto in termini di impatto. Tra i vantaggi a livello multimediale – ci dice ancora l’ingegnere Rundo – la possibilità di ricreare, sotto forma di App,qualunque tipo di scenario, misurare e memorizzare in database remoto i diversi parametri di utilizzo delle App e, infine, la possibilità di avere un contatto diretto tra utente e personale sanitario mediante una “Chat” dedicata ed integrata nell’applicazione”. Al progetto M.A.C. stanno partecipando in via sperimentale 15 fra ragazzi e ragazze con Disabilità Intellettiva di grado lieve o moderato. “I primi risultati – ci spiega la psicologa Valentina Catania – mostrano un miglioramento nei task previsti, sia in termini di accuratezza che di rapidità di svolgimento, ma soprattutto si è osservata una buona generalizzazione degli apprendimenti nelle attività di vita quotidiana. Un altro dato importante – ci dice ancora la psicologa – ed è molto incoraggiante soprattutto per gli sviluppi futuri del progetto, emerge dai questionari di gradimento che riguardano sia gli utenti che i familiari. Le attività con dispositivi tecnologici sono risultate infatti particolarmente apprezzate e motivanti e la quasi totalità dei partecipanti sarebbe disponibile a proseguire l’intervento in caso di nuove applicazioni”. La coordinatrice del progetto la dottoressa Simonetta Panerai sottolinea “che questo studio, che va considerato ancora di tipo esplorativo, suggerisce tuttavia, sulla base dei primi risultati, la possibilità e forse la necessità di affiancare il percorso classico di abilitazione-riabilitazione con una forma di riabilitazione digitale, non rivolta solo ad aspetti motori, ma anche a quelli cognitivi e di vita quotidiana. Ci auguriamo – conclude Panerai – se i risultati statistici confermeranno quelli iniziali, di poter proseguire lo studio ampliando il numero di programmi di vita quotidiana, il numero del campione ed estendendo la partecipazione ad altre tipologie di disturbi dell’età evolutiva (come ad esempio il Disturbo dello Spettro dell’Autismo) e dell’età presenile e senile (ad esempio, disturbi neurocognitivi maggiori o lievi, come il Mild Cognitive Impairment o certe forme di demenza).

 

di Redazione

1/06/2018