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Quando nasce davvero la moda? Un viaggio nello stile tra Medioevo e Rinascimento

21 lunedì 2025 visualizzazioni:

Quando nasce davvero la moda? Durante un percorso narrato alla Pinacoteca di Brera di Milano viene raccontata la nascita della Moda.

Ben prima delle passerelle, la moda comincia a parlare nel Medioevo, quando diventa linguaggio sociale e visivo. Nel cuore dell’Europa comunale, tra il 1100 e il 1200, i vestiti iniziano a comunicare appartenenza, gerarchia e persino alfabetizzazione: per chi non sapeva leggere, era l’abito a raccontare chi eri.

Non si trattava solo di estetica. Le leggi suntuarie regolavano severamente l’abbigliamento: proibivano l’ostentazione ai non nobili e imponevano segni distintivi ad alcune categorie, come il cappello agli ebrei o abiti “modesti” alle prostitute. Un rigido codice visivo che separava e gerarchizzava.

Nel Trecento, però, la moda compie il suo primo salto sartoriale: con bottoni e lacci nascono gli abiti sagomati, che distinguono maschile e femminile. Giotto ce lo mostra nell’affresco di San Francesco che si spoglia dei suoi beni: sono proprio i vestiti a simboleggiare il distacco dal mondo terreno.

La forma stessa degli accessori diventa dichiarazione: le scarpe a punta lunga, le famose pule, indicavano lo status, e più erano ingombranti, più elevato era il rango. A definirci non era tanto cosa si indossava, ma quanto e come lo si indossava. Le gonne ampie, le maniche a sbuffo e le calze intere erano segni inequivocabili di prestigio. E ancora: acconciature a rete, cinture con oggetti appesi e strascichi lunghissimi, tanto vistosi da essere soprannominati “carrozze del diavolo”.

Con il Quattrocento la moda si trasferisce nelle corti italiane: Firenze, Milano, Ferrara che diventano centri di sperimentazione e simbolismo sartoriale. Qui l’abito non è più solo funzionale: è messaggio politico, dono cerimoniale e atto simbolico. La Pala Sforzesca ce lo dice chiaramente: i protagonisti indossano abiti sontuosi che legittimano il potere dei committenti.

Emblematica è Beatrice d’Este, vera influencer del suo tempo: dal “core” (nastro bianco inventato da lei) al copricapo “zeniera”, i suoi outfit parlavano di eleganza e potere. Persino la scollatura, scandalosa per l’epoca, diventava un gesto di rottura culturale rispetto alle austere corti francesi.

Il Rinascimento eleva ulteriormente la moda: la seta di Lucca, i velluti veneziani, i rasi cangianti di Genova portano l’Italia al centro del gusto europeo. Tessuti pregiati e lavorazioni come l’“allucciolato”, un trattamento tessile che conferiva alla superficie del tessuto un aspetto lucido, quasi perlato, che segna una raffinatezza mai vista prima. Anche le armature si fanno espressione di status, più da posa che da battaglia, mentre le pianelle (zoccoli rialzati) danno slancio alla figura femminile.

Nel Cinquecento, il corpo femminile si modella secondo nuovi canoni: abbondanza, scollature ampie, maniche gonfie. I capelli si schiariscono al sole con succo di limone. La moda maschile diventa più rigida, influenzata dalla Spagna di Carlo V, con busti squadrati, braghesse imbottite e le famose gorgiere (colli arricciati) che richiedevano fino a 20 metri di merletto.

Tra sacro e profano, le differenze si assottigliano: la Madonna indossa gli stessi velluti broccati delle nobildonne; i santi sfoggiano tuniche contemporanee, i religiosi riciclano abiti aristocratici. La moda, più che mai, è specchio della società.

Anche i dettagli non sono da meno: calze colorate, scarpe basse abbinate, scialli con fili dorati. E il mantello maschile, da semplice indumento, si fa simbolo della sprezzatura, quell’eleganza disinvolta teorizzata da Castiglione.

Così, tra cuciture e colori, si delinea una verità essenziale: la moda è molto più di un vestito. È potere, cultura e soprattutto una narrazione. Attraverso tessuti e tagli possiamo leggere la storia con occhi nuovi, riconoscendo quanto il passato sia stato fondamentale per il nostro presente. 

di Giulia Taidelli

21/07/2025

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