Cosa deve avere un prodotto di bellezza per essere considerato “vegan”?
Un po’ per moda, un po’ perché fa bene, soprattutto perché non uccide e non sfrutta i nostri amici animali, il veganismo si è diffuso a macchia d’olio in una buona parte di mondo. Una filosofia di vita, nata in Inghilterra nel secondo dopo guerra dedicata a tutti coloro che rifiutavano l’idea che l’uomo dovesse disporre della vita degli animali a suo piacimento, scongiurando la morte intenzionale di ogni creatura del globo.
È ormai noto quasi tutto sulla filosofia vegana: niente carne, niente pesce, niente derivati animali, nessun capo d’abbigliamento in pelle animale o qualsiasi processo che abbia toccato un animale con qualcosa di diverso dalle carezze.
E per il nostro beauty?
Sappiamo che all’interno di tantissimi cosmetici destinati alla nostra bellezza, ci sono ingredienti di origine animale, estratti e ricavati con processi poco ortodossi, spesso torturando e sacrificando la vita di creature indifese.
Guarda nella gallery gli ingredienti di origine animale presenti sulle etichette…
Un prodotto per essere considerato vegano al 100% deve avere tre caratteristiche: deve essere, NATURALE, VEGANO e CRUELTY-FREE.
Perché naturale? Un prodotto naturale contiene ingredienti che provengono dalla nostra terra, senza aggiunta di sostanze chimiche o sintetiche. Perché vegano? Ogni singolo processo di manifattura del prodotto deve essere svolto senza trattare ingredienti di origine animale o derivati animali. Perchè Cruelty-Free? Perché per la manifattura di ogni prodotto non sono utilizzati metodi che impongono test sugli animali ne esperimenti sugli stessi.
Guarda nella gallery i prodotti VEGAN OK che Bella.it ha scelto per voi…
Lo sapevate che, solo in Italia, le donne che digitano sui motori di ricerca la frase “non mi vuole sposare” sono centinaia ogni settimana? e che in rete i forum sull’argomento spuntano come i brufoli sulle guance dei tredicenni?
E allora parliamone un attimo anche noi, come sempre dal lato azzurro della barricata. Ma stavolta prendiamola un po’ più alla larga e, senza concentrarci per forza sul giorno del “si” che di fatto è una conseguenza, andiamo all’origine del problema. Cosa ci vuole per far funzionare una coppia? O meglio una vita in coppia? E qual è esattamente, il ruolo dell’amore nella dinamica quotidiana tra due persone?. Come sempre, vale la pena ricordarlo, non esistono ricette sicure che vadano bene per tutti e che siano in grado di porre al riparo da rischi di crisi, soprattutto a lungo termine.
Tuttavia, ci sono accorgimenti, e soprattutto errori, sui quali vale la pena di riflettere. Tra tutti i possibili passi falsi che si possono commettere nella gestione di una relazione sentimentale, forse il più grande e più comune è la convinzione diffusa, che nel tempo è diventata addirittura un luogo comune, che “quando c’è l’amore, in fondo, c’è tutto; il resto, verrà da sè”. L’amore è la base, certo. Senza quella non si va da nessuna parte. Ma pensare che “tutto sommato basta che ci sia l’amore” è un errore che può costare molto caro.
Una relazione è un rapporto molto complesso; e vivere giorni, settimane, anni sotto lo stesso tetto, è qualcosa che non ha solo a che vedere con due cuori che si uniscono, ma a che vedere, anche e direi soprattutto, con due modi di pensare che fino a ieri erano indipendenti e che invece da oggi devono tenere conto l’uno dell’altro, con abitudini radicate che all’improvviso si accostano; con mille piccoli gesti quotidiani che non ci appartenevano ma che, volente o nolente, diventano anche nostri dall’oggi al domani. Inoltre una relazione non è qualcosa di immutabile, di statico; al contrario cambia continuamente nel tempo perché sono le persone a cambiare col tempo.
E a tutto questo, bisogna pensare.
Costantemente.
L’amore non è un quadro, che una volta appeso resta li per sempre, ma è un figlio, che ogni giorno cresce, si muove, e se non sei consapevole di cosa gli sta succedendo, se ogni tanto non ti fermi a guardare come sta cambiando, finisce che un giorno o l’altro ti svegli e non sai più chi è. L’amore è un lavoro. Sia chiaro.
Un lavoro che ognuno dei due deve fare prima di tutto con se stesso, e che consiste nel prendersi il tempo necessario per guardarsi il più possibile dall’esterno, e capire chi siamo e cosa vogliamo, per poi cercare di capire l’altro, e infine, la coppia. Costa fatica, ci vuole attenzione e intelligenza, e soprattutto la capacità di vederci da fuori, con obiettività e autocritica, come se fossimo qualcun’altro. Del resto, un rapporto sarà difficilmente vincente se due persone si appoggiano l’una all’altra, per la semplice ragione che se una si sposta, l’altra cade. Il rapporto vincente è quello tra due persone che decidono di stare insieme ma che sono in grado di stare in piedi da sole; due persone psicologicamente “finite”, equilibrate.
Forse, il trucco, è comportarsi come se non fosse mai una cosa definitiva, come se lui o lei potesse lasciarci da un giorno all’altro. Certo, è una visione un po’ stressante, ma ci spingerà a dare sempre del nostro meglio, e a non dare mai il nostro partner per scontato. Perché non c’è niente di peggio per una coppia che dare l’altro per scontato. Soprattutto una donna.
Ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi insieme a Palazzo Reale
Keith Edmier – Beverly Edmier 1967, 1998 – Tecnica Mista
Questa mostra, è il frutto di una collaborazione tra istituzioni pubbliche e private nella condivisione di un progetto che porta la grande arte contemporanea, anche nelle sue dimensioni più attuali e innovatrici, nello spazio espositivo più prestigioso della città, rappresentando l ’evento di punta del calendario di Expo in città nel secondo trimestre di Expo 2015.
Attraverso le opere di centoventisette artiste e artisti internazionali e con un allestimento che si estenderà su una superficie di circa 2.000 metri quadrati al piano nobile di Palazzo Reale, “La Grande Madre” analizzerà l’iconografia e la rappresentazione della maternità nell’arte del Novecento, dalle avanguardie fino ai nostri giorni. Dalle veneri paleolitiche alle “cattive ragazze“ del post-femminismo, passando per la tradizione millenaria della pittura religiosa con le sue innumerevoli scene di maternità, la storia dell’arte è della cultura hanno spesso posto al proprio centro la figura della madre, a volte assunta a simbolo della creatività e metafora della definizione stessa di arte. La madre e la sua versione più familiare di “mamma” sono anche stereotipi intimamente legati all’immagine dell’Italia. ”La Grande Madre” sarà una mostra sul
Maurizio Cattelan – Mother, 1999
potere della donna non solo sul potere generativo e creativo della madre, ma soprattutto sul potere negato alle donne e sul potere conquistato dalle donne nel corso del Novecento. Partendo dalla rappresentazione della maternità, l’esposizione si amplia per passare in rassegna un secolo di scontri e lotte tra emancipazione e tradizione, raccontando le trasformazioni della sessualità, dei generi e della percezione del corpo e dei suoi desideri. Concepita come un museo temporaneo nel quale si combinano storia dell’arte e cultura visiva, l’esposizione ricostruirà una narrazione trasversale del ventesimo secolo, esplorando i miti e i cliché del femminile, e dando vita a una complessa. Riflessione sulla figura della donna come soggetto e –non più solo– come oggetto della rappresentazione.
La mostra si apre con una presentazione dell’archivio di Olga FröbeFKapteyn, che dagli anni Trenta ha raccolto per tutta la vita migliaia di immagini di idoli femminili, madri, matrone, veneri e divinità preistoriche confluite in una vasta collezione iconografica alla quale hanno attinto Carl Gustav Jung, Erich Neumann e molti altri psicologi e antropologi impegnati nelle ricerche sull’archetipo della grande madre e sulle culture matriarcali della preistoria.
Qualche decennio prima gli scritti di Sigmund Freud e le sue osservazioni sul complesso di Edipo avevano trasformato i rapporti familiari e le relazioni tra madri e figli in un dramma di desideri sessualie tensioni represse che avrebbero segnato l’intero Novecento. Queste atmosfere ritornano trasfigurate nei
Alice Neel – Nancy and the twins, 1971
disegni e nelle incisioni coeve di Alfred Kubin ed Edvard Munch. Le prime sale della mostra alternano queste visioni allucinate all’immagine didascalica della maternità divulgata a fine Ottocento attraverso le fotografie di Gertrude Käsebier e i film della prima regista cinematografica donna Alice GuyFBlaché.
Un’importante sezione della mostra è incentrata sulla partecipazione delle donne alle avanguardie storiche e in particolare, ai movimenti futurista, dadaista e surrealista. Giustapponendo il lavoro di artiste e artisti, la mostra mette in evidenza gli aspetti più contrastanti della modernità, analizzando le radicali trasformazioni dei ruoli sessuali che hanno accompagnato i profondi cambiamenti economici e sociali di inizio Novecento. Lo studio della posizione della donna all’interno del Futurismo –con opere di Benedetta, Umberto Boccioni, Giannina Censi, Valentine De SaintFPoint, Mina Loy, Filippo Tommaso Marinetti, Marisa Mori, Regina, Rosa Rosà e altre – rivela lo scontro tra energie riformatrici e forze repressive nell’Italia di inizio secolo.
Ketty La Rocca – Vergine, 1964-1965
Le sale dedicate al Dadaismo si concentrano sulla nascita del mito della donna meccanica e automatica – “la figlia nata senza madre” come la battezzò Francis Picabia –collocandola nel panorama sociale in rapidissimo mutamento degli anni Dieci e Venti, sia in Europa sia in America. Passando dalle macchine celibi di Marcel Duchamp, Picabia e Man Ray, alle bambole meccaniche di Sophie TaeuberFArp, Emmy Hennings e Hannah Höch, fino alle performance irriverenti della Baronessa Elsa von FreytagFLoringhoven, la mostra descrive le relazioni pericolose che all’inizio del Novecento si intrecciarono tra biologia, meccanica e desiderio. Il culto della donna nel Surrealismo sarà analizzato attraverso la straordinaria presentazione di cinquanta collage originali da “La donna 100 teste” di Max Ernst, esposti accanto a opere e documenti di André’Breton, Hans Bellmer, Salvador Dalí e! altri. Esplorando le implicazioni estetiche ed etiche della fascinazione surrealista nei confronti del femminile, la mostra porta in primo piano le opere di artiste che abbracciarono e al contempo rifiutarono la retorica del Surrealismo, all’interno del quale trovarono strumenti per l’emancipazione femminile ma anche opprimenti stereotipi sessuali. Questa sezione include capolavori e opere celebri di Leonora Carrington, Frida Kahlo, Dora Maar, Lee Miller, Meret Oppenheim, Dorothea Tanning, Remedios Varo, Unica Zürn e altre artiste dell’epoca, la cui fama è stata a lungo oscurata da quella dei loro colleghi uomini.
La mostra La Grande Madre è accompagnata da un catalogoa cura di Massimiliano Gioni, pubblicato in due lingue, italiano e inglese. Il volume raccoglie più di trecento immagini a colori che illustrano testi monografici e approfondimenti su tutti gli artisti presenti in mostra e una raccolta di saggi e testi critici inediti, commissionati per l’occasione a Marco Belpoliti, Barbara Casavecchia, Whitney Chadwick, Massimiliano Gioni, Ruth Hemus, Raffaella Perna, Lucia Re, Pietro Rigolo, Adrien Sina, Guido Tintori, Calvin Tomkins, Lea Vergine.
Osserva nella gallery alcune Opere della Mostra ” La Grande Madre”…
Gillian Wearing – Self Portrait as My Mother Jean Gregory, 2003
Cindy Sherman – Untitled #223, 1990
Pipilotti Rist – Homo Sapiens Sapiens, 2005
Catherine Opie – Self portrait / Nursing, 2004
Anna Maria Maiolino – Por um Fio (foto B&W)
Sherrie Levine – Body Mask, 2007 – Calco in bronzo
Dorothea Lange – Migrant Mother, 1936
Ragnar Kjartansson- Me and My Mother 2010 (video)
Gertrude Käsebier – Adoration, 1897
Dorothy Iannone – Suck my breast I am your most beautiful mother, 1970-1971
Marlene Dumas – Pregnant Image, 1988-1990
Nathalie Djurberg – It’s the Mother, 2008
Oscar Bony – La familia obrera, 1968
Pawel Althamer – Self-portrait, 2006
Dove?
Palazzo Reale Piazza Duomo 12 – 20121 Milano
Orari?
lunedì: 14.30–19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30 – 19.30 giovedì e sabato: 9.30 – 22.30 ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
“Spingere per dare sempre il massimo. Accendere il pubblico e sentire il suo calore quando sei in campo. Cuore, determinazione e passione per raggiungere un obiettivo, insieme.” Martin Castrogiovanni
In occasione dei Mondiali di Rugby 2015 che si terranno nel Regno Unito a partire dal 18 Settembre, Edilkamin scende in campo con una nuova campagna pubblicitaria, è proprio il caso di dire, di forte impatto: avrà infatti come testimonial d’eccezione Martìn Castrogiovanni, pilone della Nazionale Italiana di Rugby.
Edilkamin, da oltre 50 anni “gigante” del riscaldamento a legna e pellet, insieme al “gigante buono” del rugby, presenta alcuni dei suoi prodotti per un riscaldamento ecologico ed economico, ad aria o ad acqua. Stufe, focolari e inserti producono aria calda per riscaldare uno o più locali: il calore può essere infatti distribuito in diverse stanze tramite canalizzazioni. Termostufe, caldaie e termocamini producono acqua calda per alimentare i termosifoni e i pannelli radianti a pavimento, riscaldando tutta la casa. I prodotti Edilkamin si integrano nei più moderni impianti di riscaldamento, anche a gestione elettronica.
Guarda nella gallery alcuni prodotti della gamma…
La nuova campagna presenta solo alcune delle proposte Edilkamin: tutta la gamma su www.edilkamin.com .
Edilkamin coglie l’occasione per fare il tifo per la Nazionale Italiana insieme a tutti gli sportivi che vivono ogni giorno con passione; ancora meglio, con il fuoco dentro.
Sono sicura che anche voi, dopo aver visto il film Mangia, Prega, Ama, abbiate iniziato la vostra “nuova vita”, il “nuovo capitolo” o anche il nuovo giorno con il ricercare la “vostra parola”. La parola di Julia Roberts nel film era “imbarcarsi”, la mia di questo 2015 è “osare”.
Io quest’anno ho osato vestendo colori diversi dal solito nero, ho osato con un cambio radicale di pettinatura, scura ed afro diversamente dal biondo liscio con frangia che ho sempre avuto. Ma quest’anno la mia parola, osare, la ho adoperata in cucina soprattutto, sperimentando metodi di cottura differenti, provando ingredienti diversi e scoraggianti anche solo per il nome (quinoa, ube, ptitim, tanto per citarne alcuni) e accostamenti insoliti.
La quinoa in particolare è l’ingrediente con cui me la sono sentita di osare di più, vuoi perché sono determinatamente a dieta ed è un carico importantissimo di proteine, vuoi perché dopo averla cucinata in diverse maniere, oramai me ne sento quasi “padrona” e sono riuscita finanche a tingerla.
Il colore predominante di questa torrida estate che non ne vuole proprio sapere di passare e andarsene è stato il giallo, colore del sole, delle foglie secche dell’erba del giardino a cui nemmeno de irrigazioni giornaliere erano sufficienti, dei limoni di cui i miei due alberelli erano straordinariamente pieni, ed ho cercato di riprodurlo in questo piatto veloce, di effetto, particolare nel gusto e molto proteico.
Siete tornati tutti in palestra e le proteine servono eccome e per questo vi propongo questa settimana un coloratissimo piatto “giallo” per assumerle in maniera diversa dalla solita fetta di carne o frullati con le uova pre-allenamento.
Questa ricetta apre poi sul mio sito DiVerdeDiViola una serie di ricette sane e veloci perché, udite udite, anche la sottoscritta si è messa determinatamente a dieta. E’ veloce nella preparazione, ma il pollo richiede un periodo di tempo di marinatura in frigorifero che va dalle 3 alle 12 ore a seconda della vostra disponibilità di tempo. Chiaramente più a lungo riuscite a farlo marinare, più succose e morbide risulteranno le sue carni.
Una cosa molto importante che devo dirvi è che dovete procurarvi la salsa di soia chiara (light soy sauce), che è chiara solo nel nome, nel colore è uguale alla salsa di soia che trovate anche tra gli scaffali del supermercato. Più salata nel gusto, riesce ad insaporire le carni senza colorarle di scuro. Se poi non la volete cercare e usate la salsa di soia normale, e il pollo non vi viene giallo, non ditemi che non vi avevo avvertiti.
INGREDIENTI
1 petto di pollo intero da fare a cubetti 200 gr di quinoa 1 cucchiaio di curcuma 1 manciata generosa di semi di sesamo erba cipollina fresca
Per la marinatura: 3 cucchiai di aceto di riso 3 cucchiai di salsa di soia chiara sale e pepe
Per la salsa al miele e limone: 4 cucchiai di succo di limone 250 gr di brodo di pollo 3 cucchiai di miele buccia di un limone grattugiata un cucchiaino di zenzero in polvere 2 cucchiai di amido di mais
PROCEDIMENTO
In una ciotola preparare una emulsione con gli ingredienti per la marinatura e aggiungere i cubetti di pollo. Trasferire poi il tutto in sacchetti di plastica ad uso alimentare sigillati e riporre in frigorifero dalle 3 alle 12 ore. Più il pollo riuscirà a marinare in questa emulsione più le carni risulteranno tenere.
Cuocere la quinoa in abbondante acqua salata aggiungendo un cucchiaio di curcuma affinché in cottura essa si colori di un giallo intenso, scolare, far raffreddare e metterla da parte condendola con un filo di olio per evitare che si attacchi.
Trascorso il tempo di marinatura, tirare fuori dal frigo il sacchetto con il pollo, scolarlo dalla marinatura e cuocere i cubetti di pollo in una padella antiaderente con un filo di olio. Il pollo non dovrà cuocersi completamente ma dovrà dorarsi su tutti i lati.
In una padella su fuoco medio mescolare insieme tutti gli ingredienti per la salsa al miele e limone tranne l’amido. Dopo 3 minuti di cottura, quando il miele si sarà sciolto, aggiungere l’amido. A questo punto aggiungere i cubetti di pollo e cuocere altri 8/10 minuti, fino a completa cottura del pollo, mescolando di continuo, e abbassando la fiamma al minimo.
Servire in una ciotola sopra la quinoa che si condirà ed insaporirà in automatico con la salsina di miele e limone del pollo. Accompagnare con fette di limone e una spolverata di semi di sesamo ed erba cipollina sminuzzata al momento.
Di solito sbocciano in primavera e sono “l’antipasto” della bella stagione ma si sa, al mondo della moda piace sempre fare tutto al contrario e per la prossima stagione Autunno-Inverno 2015 preparatevi ad immergervi in un campo di….fiori!
Sembra infatti che lo stile hippie-chic, o meglio, per dirla con un termine ancora più “cool” il boho-chic (un miscuglio vincente di elementi bohèmien e di richiami prettamente hippie), si voglia imporre sugli altri stili per la stagione 2015/16: lo testimoniano le stampe dai maxi fiori adagiati su abiti dai tessuti leggeri, abbinati a caldi capispalla e adattati all’inverno grazie alle maniche lunghe. Anche i tagli richiamano alla perfezione dei fiori, come la gonna a tulipano presentata da Giorgio Armani, così pulita, così femminile, così bon ton. Il rosso è tra i colori dominanti, lo notiamo nelle rose passionali di Dolce & Gabbana, nella pazza gioia di Jeremy Scott e accostato al blu, nei capolavori di Valentino.
Accostamenti nuovi, materiali sovrapposti e un ritrovato romanticismo sono le anime della moda di questa stagione, per dare il benvenuto con stile al nostro lungo e “profumato” inverno.
Guarda nella gallery le sfilate Autunno-Inverno 2015-2016 e i capi boho-chic di stagione!